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Il Sogno - suoni e visioni d'amore e lotta (2007)

by Il SOGNO

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1.
Scavare e sognare (A. Camerini) Dopo giorni e giorni di cammino sono arrivato all’appuntamento col destino ho attraversato un deserto fiammeggiante dove nulla sembrava più importante Il mio passato un riflesso sbiadito non ho toccato mai il paradiso con un dito le mie certezze divorate all’orizzonte io sto cercando l’acqua pura della tua fonte Nella vallata spettrale e desolante un albero secco senza foglie è inquietante è pieno di spine e non vuole farmi passare così comincio a scavare a scavare a scavare Sotto le unghie le ferite dei miei anni le mie paure e tutti i miei inganni in quella fossa c’è il peso del mondo lo vedo lo sento che sta cadendo in un abisso senza fondo Sotto la sabbia all’improvviso c’è qualcosa non è un diamante no non è una rosa è un teschio umano tra le mie mani caducità di tutti i secoli infami Perché nasciamo e moriamo infinite volte c’è un’altra faccia che ci aspetta un’altra sorte la terra scotta non vuole farmi passare ma io continuo a scavare a scavare a scavare Mi faccio strada nel mio tunnel segreto è l’ora di dio puoi chiamarla nigredo il sole nel buio i legami già scissi il sogno magico degli antichi Risci Mi spingo oltre verso quel candore già riconosco la dolcezza e il sapore del miele che sgorga dalla roccia bianca disseta il mio dolore e la mia anima stanca Molti diranno che sono solo un pazzo ma non importa il mio spirito è ormai sazio perché ho bevuto dove a pochi è concesso tutto è diverso ora io non sono più lo stesso Ogni esperienza è personale e solitaria ma resta scritto qualcosa resta scritto nell’aria per ogni uomo che inizia a cercare ce ne sono migliaia che continuano a sognare e a scavare a scavare a scavare e a sognare sognare sognare Ogni esperienza è personale e solitaria ma resta scritto qualcosa resta scritto nell’aria
2.
NOTTURNO DEL VUOTO - FEDERICO GARCIA LORCA lo. Col vuoto bianchissimo di un cavallo, crini di cenere. Arena pura e doppiata. Il mio vuoto trapassato con le ascelle rotte. Pelle secca d'uva neutra e amianto d'alba. Tutta la luce del mondo sta in un occhio. Canta il gallo e il suo canto dura più delle sue ali. lo. Col vuoto bianchissimo di un cavallo. Circondato da spettatori che hanno formiche nelle parole. Nel circo del freddo senza profilo mutilato. Nei capitelli rotti delle guance dissanguate. lo. Non c'è secolo nuovo né luce recente. Solo un cavallo azzurro e un'alba.
3.
GRIDO A ROMA - FEDERICO GARCIA ROMA Mele leggermente ferite da sottili spadini d’argento nuvole strappate da una mano di corallo che porta sul dorso una mandorla di fuoco pesci di arsenico come squali squali come gocce di pianto per accecare una folla, rose che feriscono e aghi installati nei tubi del sangue mondi nemici e amori ricoperti di vermi cadranno su di te. Cadranno sulla grande cupola che unge d’olio le lingue militari dove un uomo orina su una abbagliante colomba e sputa carbone masticato circondato da migliaia di campanelli. Perchè non c’è più chi spartisca il pane e il vino, nè chi coltivi erbe nella bocca del morto, nè chi distenda i lini del riposo nè chi pianga per le ferite degli elefanti Non c’è altro che un milione di fabbri che forgiano catene per i bambini che verranno. Non c’è altro che un milione di falegnami che fanno bare senza croce. Non c’è altro che una calca di lamenti che si aprono le vesti in attesa del proiettile. L’uomo che disprezza la colomba dovrebbe parlare dovrebbe urlare nudo fra le colonne e farsi un’iniezione per prendere la lebbra e piangere un pianto talmente terribile da liquefare i suoi anelli e i suoi telefoni di diamante. Ma l’uomo vestito di bianco ignora i misteri della spiga ignora il gemito della partoriente ignora che Cristo può dare ancora acqua ignora che la moneta brucia il bacio del prodigio e dona il sangue dell’agnello al becco idiota del fagiano. I maestri indicano ai bambini una luce meravigliosa che viene dal monte; ma ciò che giunge è un raduno di cloache dove urlano le oscure ninfe del colera: I maestri indicano con devozione le enormi cupole suffumicate; ma sotto le statue non c’è amore, non c’è amore sotto gli occhi di cristallo definitivo: L’amore sta nelle carni lacerate della sete, nella capanna minuta che combatte con l’inondazione; l’amore sta nei fossi dove combattono le serpi della fame, nel triste mare che culla i cadaveri dei gabbiani e nello scurissimo bacio pungente sotto i guangiali. Ma il vecchio dalle mani traslucide dirà: amore, amore, amore, acclamato da milioni di moribondi; dirà: Amore, amore, amore, fra il broccato fremente di tenerezza; dirà: Pace, pace, pace, fra il tremolio dei coltelli e meloni di dinamite; dirà: Amore, amore, amore, finchè le labbra gli diventeranno d’argento. Nel frattempo, nel frattempo - ahi!, nel frattempo, i neri che portano via le sputacchiere, i ragazzi che tremano sotto il terrore pallido dei direttori, le donne affogate in olii minerali, la folla di martello, dal violino o dalla nuvola, dovrà gridare anche se gli sfracelleranno le cervella contro il muro, dovrà gridare di fronte alle cupole, dovrà gridare folle di fuoco, dovrà gridare folle di neve, dovrà gridare con la testa piena di escremento, dovrà gridare come tutte le notti insieme, dovrà gridare con voce così straziata finchè le città non tremino come bambine e rompano le carceri dell’olio e della musica. Perchè vogliamo il nostro pane quotidiano, fiore d’ontano e perenne tenerezza sgranata, perchè vogliamo che si compia la volontà della Terra che dà i suoi frutti per tutti.
4.
QUESTO AMORE - JACQUES PREVERT Questo amore Così violento Così fragile Così tenero Così disperato Questo amore Bello come il giorno Cattivo come il tempo Quando il tempo è cattivo Questo amore così vero Questo amore così bello Così felice Così gioioso Così irrisorio Tremante di paura come un bambino quando è buio Così sicuro di sé Come un uomo tranquillo nel cuore della notte Questo amore che faceva paura Agli altri E li faceva parlare e impallidire Questo amore tenuto d'occhio Perché noi lo tenevamo d'occhio Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato Perché noi l'abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato Questo amore tutt'intero Così vivo ancora E baciato dal sole È il tuo amore È il mio amore È quel che è stato Questa cosa sempre nuova Che non è mai cambiata Vera come una pianta Tremante come un uccello Calda viva come l'estate Sia tu che io possiamo Andare e tornare possiamo Dimenticare E poi riaddormentarci Svegliarci soffrire invecchiare Addormentarci ancora Sognarci della morte Ringiovanire E svegli sorridere ridere Il nostro amore non si muove Testardo come un mulo Vivo come il desiderio Crudele come la memoria Stupido come i rimpianti Tenero come il ricordo Freddo come il marmo Bello come il giorno Fragile come un bambino Ci guarda sorridendo Ci parla senza dire E io l'ascolto tremando E grido Grido per te Grido per me Ti supplico Per te per me per tutti quelli che si amano E che si sono amati Oh sì gli grido Per te per me per tutti gli altri Che non conosco Resta dove sei Non andartene via Resta dov'eri un tempo Resta dove sei Non muoverti Non te ne andare Noi che siamo amati noi t'abbiamo Dimenticato Tu non dimenticarci Non avevamo che te sulla terra Non lasciarci morire assiderati Lontano sempre più lontano Dove tu vuoi Dacci un segno di vita Più tardi, più tardi, di notte Nella foresta del ricordo Sorgi improvviso Tendici la mano Portaci in salvo.
5.
FAR VIVERE - PAUL ELUARD Erano pochi uomini che vivevano nella notte Sognando del cielo materno Erano pochi uomini che amavano la selva Credendo al legno ardente Fin da lontano beati al profumo dei fiori La nudità dei desideri li velava Il respiro ritmato univano nel cuore All’ambizione minima di vita naturale Che nell’estate cresce come estate più forte Alla speranza del tempo venturo E che pur da lontano altro tempo saluta Univano nel cuore Amori più ostinati del deserto Pochissimo sonno bastava Per renderli al sole futuro Duravano sapevano che vivere fa eterni Dal buio dei sogni generavano luce Erano pochi uomini Furono folla a un tratto Sempre è stato così.
6.
MARCIA TRIONFALE (A. Camerini) *** Folgore e saetta crollano i veli imposti cammini tortuosi bandiere dei proclami parole e azioni in volo all’unisono i respiri sto entrando nel passaggio di quell’eroe vincente Mantelli sulle spalle l’orgoglio e la fierezza i fiori sul selciato proteggono la scelta di chi va a piedi scalzi sfidando le intemperie dei tempi in cui la luce feconda il buio intero Promesse rinviate potere senza lingua la forca sulle strade la processione finta in fiamme i vostri stracci intrisi di terrore decorazioni al sangue il tempo del perdono No non esiste in terra non è il tempo dei buoni è il tempo dei più grandi dei giusti senza patria chi arriva a percepire un urlo di dolore distante e lacerato dal tuo canto d’amore Frecce sulle ingiustizie aculei sulle barbarie condanna alle oppressioni agli speculatori non posso più aspettare e vado insieme al vento che non conosce soste e corre nel deserto E dove passa è oro arancio sulle strade ghirlande e cielo nudo risorse sulla terra e l’elfo grigio è morto ed il tuo ventre è esploso onore all’Uomo Nuovo che marcia trionfale.
7.
C’E’ UN’ISOLA (C. De Bartolomei) C’è un’isola nell’estremo nord Nel centro di un mare che non so, che non conosco dove sia. In quest’isola che non conosco, io, qualche volta, ritorno. E mi siedo su uno scoglio, che non conosco e che mi è amico, per quanto tempo mi ha sorretto. Guardo purpureo e attendo. Non la morte, non l’amore, non il successo, ma le Grandi Ombre Lucenti. Esse volteggiano verso di me e mi avvolgono. Mi sussurrano di storie, le loro e le mie, di mille e più mille anni prima. Le lascio passare ed attendo. Nell’attimo nero che poi viene, odo i giochi cosmici, stelle di pura luce che esplodono e vanno in altre dimensioni. Rumori e suoni di nuove formazioni galattiche. Odo e sorrido, e Dio mi accarezza i piedi con l’onda del mare.
8.
ACCADDE UNA SERA A ISTANBUL (C. De Bartolomei) Accadde una sera a Istanbul Ella mi offrì da bere. Io bevvi un sorso, non tutto. L’Asia era lontana. Mi fermai in altre città. Quante ne ho visitate…! E dovunque, una donna mi ha offerto da bere. Ho bevuto sempre sino in fondo. Ma avevo sempre sete. All’anima mia mancava Quel liquido rosso di fuoco, quel liquido che brucia lo stomaco e dilania la sete, mancava l’ultimo sorso di quella coppa a Istanbul. Fino all’ultimo va vissuto il momento, l’attimo di piacere e di dolore. La nostra vita è un’infinita serie di punti neri di dolore e bianchi di piacere. Devo tornare a Istanbul, io so che lei mi attende in piedi sul Bosforo: in mano ha una coppa e nella coppa l’ultimo sorso della vita. ADDORMENTARSI ADESSO - NIZAM HIKMET No, non sono un disertore. Del resto, il mio secolo non mi fa paura il mio secolo pieno di miserie e di scandali il mio secolo coraggioso grande ed eroico. Non ho mai rimpianto d’esser venuto al mondo troppo presto sono del ventesimo secolo e ne son fiero. Mi basta esser là dove sono, tra i nostri, e battermi per un mondo nuovo…” “Tra cento anni, amor mio…” “No, prima e malgrado tutto. Il mio secolo che muore e rinasce il mio secolo i cui ultimi giorni saranno belli la mia terribile notte lacerata dai gridi dell’alba il mio secolo splenderà di sole, amor mio come i tuoi occhi…”
9.
10.
LA GRANDE GIOIA - PABLO NERUDA L'ombra che ho frugato ormai non mi appartiene. lo ho la gioia duratura dell'albero, l'eredità dei boschi, il vento del cammino e un giorno deciso sotto la luce terrestre. Non scrivo perché altri libri mi imprigionino né per accaniti apprendisti di giglio, bensì per semplici abitanti che chiedono acqua e luna, elementi dell'ordine immutabile, scuole, pane e vino, chitarre e arnesi. Scrivo per il popolo per quanto non possa leggere la mia poesia con i suoi occhi rurali. Verrà il momento in cui una riga, l'aria che sconvolse la mia vita, giungerà alle sue orecchie, e allora il contadino alzerà gli occhi, il minatore sorriderà rompendo pietre, l'operaio si pulirà la fronte, il pescatore vedrà meglio il bagliore di un pesce che palpitando gli brucerà le mani, il meccanico, pulito, appena lavato, pieno del profumo del sapone gua!derà le mie poesie, e queste gli diranno forse: «E' stato un compagno». Questo è sufficiente: questa è la corona che voglio. Voglio che all'uscita di fabbriche e miniere stia la mia poesia attaccata alla terra, all'aria, alla vittoria dell'uomo maltrattato. Voglio che un giovane trovi nella scorza che io forgiai con lentezza e con metalli come una cassa, aprendola, faccia a faccia, la vita, e affondandovi l'anima tocchi le raffiche che fecero la mia gioia, nell'altitudine tempestosa.
11.
IN NESSUN LUOGO - CESARE PAVESE In nessun luogo trovo più una pietra dove posare il capo. Tutte le cose mi hanno presa l’anima, l’hanno accesa e sconvolta, e poi lasciata stanca a mordere se stessa. Vertiginosamente mi han bruciato negli occhi visioni di infiniti paradisi posti tanto lontano, ma appena vi giungevo erano cose vane, piene di tanto tedio e tanto orribili che dovevo fuggire. E la mia anima stanca tornava a divorarsi di desiderio feroce. Oh tutto mi è sfuggito di tra le mani infrante. Mi son erto in orgoglio a schiacciare la vita e ho trovato soltanto da compiangerla. Ho cercato di scenderle nel cuore, di umiliarmi al suo fianco, di ascoltarne le voci più segrete, i palpiti silenziosi, ma tutto come un lungo brivido, mi torceva d’amore e mi lasciava poi nella mia febbre. Insaziabile anima che mi trascini sempre più lontano e ogni passo è una nausea più grande. Ho cercato la pace di me stesso accordando il mio cuore col ritmo cieco delle cose mute. Mi son dissolto nella forza vergine del vento delle cime, ma dopo il rapido oblio mi son sentita l’anima ululare e dibattersi ancora, raffica ansiosa e anelante in eterno. Fin le cose remote che non ho mai raggiunto le ho precorse col grande desiderio, e le vedo ormai più sotto un cielo di nebbia soffocate di tedio. E ancora dopo tante strade stanche sono solo in balia della mia anima che a tratti mi pare voglia strapparsi via tanto si torce e sanguina. Sono tanto stremato. Dal primo giorno ardente che ho levata la fronte a cercare me stesso, in nessun luogo più ho trovato una pietra dove posare il capo.
12.
da SAVITRI – Libro III – Canto IV (Sri Aurobindo) *** “O forte precursore, ho inteso il tuo grido. Un essere discenderà a spezzare la ferrea Legge, col solo potere dello spirito cambierà il fato avverso della Natura. Una Mente senza limiti verrà, che può contenere il mondo, un cuore dolce e violento di calme ardenti mosso dalle passioni degli dei. Tutte le potenze e le grandezze s’uniranno in Lei; la Bellezza marcerà celestiale sulla terra, presa nella densa nube dei Suoi capelli dormirà la Delizia, e nel Suo corpo, come sul suo albero-rifugio, l’Amore immortale batterà le sue ali gloriose. Una musica di cose serene tesserà il Suo incanto; le arpe dei Perfetti accorderanno la Sua voce, i fiumi del Cielo mormoreranno del Suo riso, le Sue labbra saranno i favi di miele di Dio, le Sue membra le giare d’oro della sua estasi, i Suoi seni i fiori inebrianti del Paradiso. Ella porterà la Saggezza nel Suo petto muto, la Forza sarà con Lei come la spada d’un conquistatore e la beatitudine dell’Eterno guarderà dai Suoi occhi. Un seme sarà gettato nell’ora tremenda della Morte, un ramo di cielo trapiantato nel suolo umano; la Natura supererà d’un balzo il suo passo mortale; il Destino sarà cambiato da un volere immutabile”.
13.
Sri AUROBINDO
14.
LIGHT MORNING FUTURE (A. Camerini) Chains no future chains Mind and Heart Freedom is your action Freedom is all the colours Rage and Grace Rage and Grace new sounds for the new world listen to my voice and bring the peace down down on the earth Love and Peace Love and Peace i’m always with you Gold age is coming the light morning future is here here with us with love LODE ALL’ALBA (A. Camerini) Fuggo via Amore da questa città sempre più estranea in questi giorni di polvere e tempesta porpora di fuoco sul mio cuore rovente e denudato battiti di ali e spade acuminate. Parto disorientato e a piedi nudi nell’estenuante e febbrile ricerca di un istante che colmi il vaso d’oro dell’ultimo viandante figlio del vento che dal suo accecante abisso non trova ancora pace sulla terra. E vado verso un luogo Amore in cui si dice che il respiro cristallino della voce di Dio inebri la sostanza fluttuante trasformi la tormenta in calma quiete. Un porto dedicato ai coraggiosi agli angeli che inseguono il destino a uomini guerrieri e a donne virtuose che sanno trasformare il buio in luce. Vado e sogno di un deserto di neve. Vado e sogno di un deserto di fiore. Vado e vedo i molti e i puri Camminare sulla strada assolata. Vado con la splendida certezza che Noi siamo Uno.

about

Il Sogno “Suoni e Visioni d’Amore e Lotta” è stato pubblicato con Editrice Zona e presentato per la prima volta a Torino al Salone Internazionale del Libro nel 2007. Il libro è una raccolta di poesie inedite di Andrea Camerini impreziosita dai disegni di Roberto Berini. Il CD allegato è un percorso suggestivo e originale in un’inedita ed eclettica formazione a tre con Paolo Camerini al contrabbasso, Roberto Berini alla batteria e Andrea Camerini alla voce. Nella performance live il gruppo crea uno spazio libero in cui world, rock, sonorità sperimentali e ambient si fondono nel territorio della pura contaminazione con la poesia contemporanea di Paul Eluard, Pablo Neruda, Jacques Prévert, Federico Garcia Lorca, Nazim Hikmet, Sri Aurobindo, Cesare Pavese e Cesare De Bartolomei.

credits

released April 15, 2007

Andrea Camerini: lead vocal, flute
Paolo Camerini: upright bass, electric bass, loops, backing vocal
Roberto Berini: drums, percussion, backing vocal

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Il Sogno Italy

IL SOGNO (THE DREAM) was born as a special project of Nuove Tribù Zulu. The book with the CD “Il Sogno” – Sounds and Visions of Love and Struggle”, was published by Editrice Zona and presented for the first time in Turin at the International Book Fair in 2007, with the aim of enhancing and creating poetry through music.
Andrea Camerini: lead vocal, flute
Paolo Camerini: upright bass, loop
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