1. |
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Scavare e sognare (A. Camerini)
Dopo giorni e giorni di cammino
sono arrivato all’appuntamento col destino
ho attraversato un deserto fiammeggiante
dove nulla sembrava più importante
Il mio passato un riflesso sbiadito
non ho toccato mai il paradiso con un dito
le mie certezze divorate all’orizzonte
io sto cercando l’acqua pura della tua fonte
Nella vallata spettrale e desolante
un albero secco senza foglie è inquietante
è pieno di spine e non vuole farmi passare
così comincio a scavare
a scavare
a scavare
Sotto le unghie le ferite dei miei anni
le mie paure e tutti i miei inganni
in quella fossa c’è il peso del mondo
lo vedo lo sento che sta cadendo in un abisso senza fondo
Sotto la sabbia all’improvviso c’è qualcosa
non è un diamante no non è una rosa
è un teschio umano tra le mie mani
caducità di tutti i secoli infami
Perché nasciamo e moriamo infinite volte
c’è un’altra faccia che ci aspetta un’altra sorte
la terra scotta non vuole farmi passare
ma io continuo a scavare
a scavare
a scavare
Mi faccio strada nel mio tunnel segreto
è l’ora di dio puoi chiamarla nigredo
il sole nel buio i legami già scissi
il sogno magico degli antichi Risci
Mi spingo oltre verso quel candore
già riconosco la dolcezza e il sapore
del miele che sgorga dalla roccia bianca
disseta il mio dolore e la mia anima stanca
Molti diranno che sono solo un pazzo
ma non importa il mio spirito è ormai sazio
perché ho bevuto dove a pochi è concesso
tutto è diverso ora io non sono più lo stesso
Ogni esperienza è personale e solitaria
ma resta scritto qualcosa resta scritto nell’aria
per ogni uomo che inizia a cercare
ce ne sono migliaia che continuano a sognare
e a scavare
a scavare
a scavare
e a sognare
sognare
sognare
Ogni esperienza è personale e solitaria
ma resta scritto qualcosa
resta scritto nell’aria
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2. |
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NOTTURNO DEL VUOTO - FEDERICO GARCIA LORCA
lo.
Col vuoto bianchissimo di un cavallo,
crini di cenere. Arena pura e doppiata.
Il mio vuoto trapassato con le ascelle rotte.
Pelle secca d'uva neutra e amianto d'alba.
Tutta la luce del mondo sta in un occhio.
Canta il gallo e il suo canto dura più delle sue ali.
lo.
Col vuoto bianchissimo di un cavallo.
Circondato da spettatori che hanno formiche nelle parole.
Nel circo del freddo senza profilo mutilato.
Nei capitelli rotti delle guance dissanguate.
lo.
Non c'è secolo nuovo né luce recente.
Solo un cavallo azzurro e un'alba.
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3. |
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GRIDO A ROMA - FEDERICO GARCIA ROMA
Mele leggermente ferite
da sottili spadini d’argento
nuvole strappate da una mano di corallo
che porta sul dorso una mandorla di fuoco
pesci di arsenico come squali
squali come gocce di pianto per accecare una folla,
rose che feriscono
e aghi installati nei tubi del sangue
mondi nemici e amori ricoperti di vermi
cadranno su di te. Cadranno sulla grande cupola
che unge d’olio le lingue militari
dove un uomo orina su una abbagliante colomba
e sputa carbone masticato
circondato da migliaia di campanelli.
Perchè non c’è più chi spartisca il pane e il vino,
nè chi coltivi erbe nella bocca del morto,
nè chi distenda i lini del riposo
nè chi pianga per le ferite degli elefanti
Non c’è altro che un milione di fabbri
che forgiano catene per i bambini che verranno.
Non c’è altro che un milione di falegnami
che fanno bare senza croce.
Non c’è altro che una calca di lamenti
che si aprono le vesti in attesa del proiettile.
L’uomo che disprezza la colomba dovrebbe parlare
dovrebbe urlare nudo fra le colonne
e farsi un’iniezione per prendere la lebbra
e piangere un pianto talmente terribile
da liquefare i suoi anelli e i suoi telefoni di diamante.
Ma l’uomo vestito di bianco
ignora i misteri della spiga
ignora il gemito della partoriente
ignora che Cristo può dare ancora acqua
ignora che la moneta brucia il bacio del prodigio
e dona il sangue dell’agnello al becco idiota del fagiano.
I maestri indicano ai bambini
una luce meravigliosa che viene dal monte;
ma ciò che giunge è un raduno di cloache
dove urlano le oscure ninfe del colera:
I maestri indicano con devozione le enormi cupole suffumicate;
ma sotto le statue non c’è amore,
non c’è amore sotto gli occhi di cristallo definitivo:
L’amore sta nelle carni lacerate della sete,
nella capanna minuta che combatte con l’inondazione;
l’amore sta nei fossi dove combattono le serpi della fame,
nel triste mare che culla i cadaveri dei gabbiani
e nello scurissimo bacio pungente sotto i guangiali.
Ma il vecchio dalle mani traslucide
dirà: amore, amore, amore,
acclamato da milioni di moribondi;
dirà: Amore, amore, amore,
fra il broccato fremente di tenerezza;
dirà: Pace, pace, pace,
fra il tremolio dei coltelli e meloni di dinamite;
dirà: Amore, amore, amore,
finchè le labbra gli diventeranno d’argento.
Nel frattempo, nel frattempo - ahi!, nel frattempo,
i neri che portano via le sputacchiere,
i ragazzi che tremano sotto il terrore pallido dei direttori,
le donne affogate in olii minerali,
la folla di martello, dal violino o dalla nuvola,
dovrà gridare anche se gli sfracelleranno le cervella contro il muro,
dovrà gridare di fronte alle cupole,
dovrà gridare folle di fuoco,
dovrà gridare folle di neve,
dovrà gridare con la testa piena di escremento,
dovrà gridare come tutte le notti insieme,
dovrà gridare con voce così straziata
finchè le città non tremino come bambine
e rompano le carceri dell’olio e della musica.
Perchè vogliamo il nostro pane quotidiano,
fiore d’ontano e perenne tenerezza sgranata,
perchè vogliamo che si compia la volontà della Terra
che dà i suoi frutti per tutti.
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4. |
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QUESTO AMORE - JACQUES PREVERT
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d'occhio
Perché noi lo tenevamo d'occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Perché noi l'abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Questo amore tutt'intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
È il tuo amore
È il mio amore
È quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate
Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov'eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t'abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.
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5. |
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FAR VIVERE - PAUL ELUARD
Erano pochi uomini che vivevano nella notte
Sognando del cielo materno
Erano pochi uomini che amavano la selva
Credendo al legno ardente
Fin da lontano beati al profumo dei fiori
La nudità dei desideri li velava
Il respiro ritmato univano nel cuore
All’ambizione minima di vita naturale
Che nell’estate cresce come estate più forte
Alla speranza del tempo venturo
E che pur da lontano altro tempo saluta
Univano nel cuore
Amori più ostinati del deserto
Pochissimo sonno bastava
Per renderli al sole futuro
Duravano sapevano che vivere fa eterni
Dal buio dei sogni generavano luce
Erano pochi uomini
Furono folla a un tratto
Sempre è stato così.
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6. |
Marcia Trionfale
02:45
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MARCIA TRIONFALE (A. Camerini)
***
Folgore e saetta
crollano i veli imposti
cammini tortuosi
bandiere dei proclami
parole e azioni in volo
all’unisono i respiri
sto entrando nel passaggio
di quell’eroe vincente
Mantelli sulle spalle
l’orgoglio e la fierezza
i fiori sul selciato
proteggono la scelta
di chi va a piedi scalzi
sfidando le intemperie
dei tempi in cui la luce
feconda il buio intero
Promesse rinviate
potere senza lingua
la forca sulle strade
la processione finta
in fiamme i vostri stracci
intrisi di terrore
decorazioni al sangue
il tempo del perdono
No non esiste in terra
non è il tempo dei buoni
è il tempo dei più grandi
dei giusti senza patria
chi arriva a percepire
un urlo di dolore
distante e lacerato
dal tuo canto d’amore
Frecce sulle ingiustizie
aculei sulle barbarie
condanna alle oppressioni
agli speculatori
non posso più aspettare
e vado insieme al vento
che non conosce soste
e corre nel deserto
E dove passa è oro
arancio sulle strade
ghirlande e cielo nudo
risorse sulla terra
e l’elfo grigio è morto
ed il tuo ventre è esploso
onore all’Uomo Nuovo
che marcia trionfale.
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7. |
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C’E’ UN’ISOLA (C. De Bartolomei)
C’è un’isola nell’estremo nord
Nel centro di un mare che non so,
che non conosco dove sia.
In quest’isola che non conosco,
io, qualche volta, ritorno.
E mi siedo su uno scoglio, che non conosco
e che mi è amico,
per quanto tempo mi ha sorretto.
Guardo purpureo e attendo.
Non la morte, non l’amore, non il successo,
ma le Grandi Ombre Lucenti.
Esse volteggiano verso di me e mi avvolgono.
Mi sussurrano di storie,
le loro e le mie,
di mille e più mille anni prima.
Le lascio passare ed attendo.
Nell’attimo nero che poi viene,
odo i giochi cosmici,
stelle di pura luce che esplodono
e vanno in altre dimensioni.
Rumori e suoni di nuove formazioni galattiche.
Odo e sorrido,
e Dio
mi accarezza i piedi con l’onda del mare.
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||||
8. |
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ACCADDE UNA SERA A ISTANBUL (C. De Bartolomei)
Accadde una sera a Istanbul
Ella mi offrì da bere.
Io bevvi un sorso, non tutto.
L’Asia era lontana.
Mi fermai in altre città.
Quante ne ho visitate…!
E dovunque, una donna mi ha offerto da bere.
Ho bevuto sempre sino in fondo.
Ma avevo sempre sete.
All’anima mia mancava
Quel liquido rosso di fuoco,
quel liquido che brucia lo stomaco e dilania la sete,
mancava l’ultimo sorso di quella coppa a Istanbul.
Fino all’ultimo va vissuto il momento,
l’attimo di piacere e di dolore.
La nostra vita è un’infinita serie di punti
neri di dolore e bianchi di piacere.
Devo tornare a Istanbul,
io so che lei mi attende
in piedi sul Bosforo:
in mano ha una coppa
e nella coppa
l’ultimo sorso della vita.
ADDORMENTARSI ADESSO - NIZAM HIKMET
No,
non sono un disertore.
Del resto, il mio secolo non mi fa paura
il mio secolo pieno di miserie e di scandali
il mio secolo coraggioso grande ed eroico.
Non ho mai rimpianto d’esser venuto al mondo troppo presto
sono del ventesimo secolo e ne son fiero.
Mi basta esser là dove sono, tra i nostri,
e battermi per un mondo nuovo…”
“Tra cento anni, amor mio…”
“No,
prima e malgrado tutto.
Il mio secolo che muore e rinasce
il mio secolo
i cui ultimi giorni saranno belli
la mia terribile notte lacerata dai gridi dell’alba
il mio secolo splenderà di sole, amor mio
come i tuoi occhi…”
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9. |
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10. |
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LA GRANDE GIOIA - PABLO NERUDA
L'ombra che ho frugato ormai non mi appartiene.
lo ho la gioia duratura dell'albero,
l'eredità dei boschi, il vento del cammino
e un giorno deciso sotto la luce terrestre.
Non scrivo perché altri libri mi imprigionino
né per accaniti apprendisti di giglio,
bensì per semplici abitanti che chiedono
acqua e luna, elementi dell'ordine immutabile,
scuole, pane e vino, chitarre e arnesi.
Scrivo per il popolo per quanto non possa
leggere la mia poesia con i suoi occhi rurali.
Verrà il momento in cui una riga, l'aria
che sconvolse la mia vita, giungerà alle sue orecchie,
e allora il contadino alzerà gli occhi,
il minatore sorriderà rompendo pietre,
l'operaio si pulirà la fronte,
il pescatore vedrà meglio il bagliore
di un pesce che palpitando gli brucerà le mani,
il meccanico, pulito, appena lavato, pieno
del profumo del sapone gua!derà le mie poesie,
e queste gli diranno forse: «E' stato un compagno».
Questo è sufficiente: questa è la corona che voglio.
Voglio che all'uscita di fabbriche e miniere
stia la mia poesia attaccata alla terra,
all'aria, alla vittoria dell'uomo maltrattato.
Voglio che un giovane trovi nella scorza
che io forgiai con lentezza e con metalli
come una cassa, aprendola, faccia a faccia, la vita,
e affondandovi l'anima tocchi le raffiche che fecero
la mia gioia, nell'altitudine tempestosa.
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11. |
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IN NESSUN LUOGO - CESARE PAVESE
In nessun luogo trovo più una pietra
dove posare il capo.
Tutte le cose mi hanno presa l’anima,
l’hanno accesa e sconvolta,
e poi lasciata stanca
a mordere se stessa.
Vertiginosamente
mi han bruciato negli occhi
visioni di infiniti paradisi
posti tanto lontano,
ma appena vi giungevo
erano cose vane,
piene di tanto tedio e tanto orribili
che dovevo fuggire.
E la mia anima stanca tornava a divorarsi
di desiderio feroce.
Oh tutto mi è sfuggito
di tra le mani infrante.
Mi son erto in orgoglio
a schiacciare la vita
e ho trovato soltanto da compiangerla.
Ho cercato di scenderle nel cuore,
di umiliarmi al suo fianco,
di ascoltarne le voci più segrete,
i palpiti silenziosi,
ma tutto come un lungo brivido,
mi torceva d’amore
e mi lasciava poi nella mia febbre.
Insaziabile anima
che mi trascini sempre più lontano
e ogni passo è una nausea più grande.
Ho cercato la pace di me stesso
accordando il mio cuore
col ritmo cieco delle cose mute.
Mi son dissolto nella forza vergine
del vento delle cime,
ma dopo il rapido oblio
mi son sentita l’anima ululare
e dibattersi ancora,
raffica ansiosa e anelante in eterno.
Fin le cose remote che non ho mai raggiunto
le ho precorse col grande desiderio,
e le vedo ormai più sotto un cielo di nebbia
soffocate di tedio.
E ancora dopo tante strade stanche
sono solo in balia della mia anima
che a tratti mi pare voglia strapparsi via
tanto si torce e sanguina.
Sono tanto stremato.
Dal primo giorno ardente
che ho levata la fronte
a cercare me stesso,
in nessun luogo più
ho trovato una pietra
dove posare il capo.
|
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12. |
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da SAVITRI – Libro III – Canto IV (Sri Aurobindo)
***
“O forte precursore, ho inteso il tuo grido.
Un essere discenderà a spezzare la ferrea Legge,
col solo potere dello spirito cambierà il fato avverso della Natura.
Una Mente senza limiti verrà, che può contenere il mondo,
un cuore dolce e violento di calme ardenti
mosso dalle passioni degli dei.
Tutte le potenze e le grandezze s’uniranno in Lei;
la Bellezza marcerà celestiale sulla terra,
presa nella densa nube dei Suoi capelli dormirà la Delizia,
e nel Suo corpo, come sul suo albero-rifugio,
l’Amore immortale batterà le sue ali gloriose.
Una musica di cose serene tesserà il Suo incanto;
le arpe dei Perfetti accorderanno la Sua voce,
i fiumi del Cielo mormoreranno del Suo riso,
le Sue labbra saranno i favi di miele di Dio,
le Sue membra le giare d’oro della sua estasi,
i Suoi seni i fiori inebrianti del Paradiso.
Ella porterà la Saggezza nel Suo petto muto,
la Forza sarà con Lei come la spada d’un conquistatore
e la beatitudine dell’Eterno guarderà dai Suoi occhi.
Un seme sarà gettato nell’ora tremenda della Morte,
un ramo di cielo trapiantato nel suolo umano;
la Natura supererà d’un balzo il suo passo mortale;
il Destino sarà cambiato da un volere immutabile”.
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13. |
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Sri AUROBINDO
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14. |
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LIGHT MORNING FUTURE (A. Camerini)
Chains
no future
chains
Mind and Heart
Freedom is your action
Freedom is all the colours
Rage and Grace
Rage and Grace
new sounds for the new world
listen to my voice
and bring the peace down
down on the earth
Love and Peace
Love and Peace
i’m always with you
Gold age is coming
the light morning future is here
here with us
with love
LODE ALL’ALBA (A. Camerini)
Fuggo via Amore
da questa città sempre più estranea
in questi giorni di polvere e tempesta porpora di fuoco
sul mio cuore rovente e denudato
battiti di ali e spade acuminate.
Parto disorientato e a piedi nudi
nell’estenuante e febbrile ricerca di un istante
che colmi il vaso d’oro dell’ultimo viandante
figlio del vento che dal suo accecante abisso
non trova ancora pace sulla terra.
E vado verso un luogo Amore
in cui si dice che il respiro cristallino della voce di Dio
inebri la sostanza fluttuante
trasformi la tormenta in calma quiete.
Un porto dedicato ai coraggiosi
agli angeli che inseguono il destino
a uomini guerrieri e a donne virtuose
che sanno trasformare il buio in luce.
Vado e sogno di un deserto di neve.
Vado e sogno di un deserto di fiore.
Vado e vedo i molti e i puri
Camminare sulla strada assolata.
Vado con la splendida certezza che Noi siamo Uno.
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Il Sogno Italy
IL SOGNO (THE DREAM) was born as a special project of Nuove Tribù Zulu. The book with the CD “Il Sogno” – Sounds and Visions
of Love and Struggle”, was published by Editrice Zona and presented for the first time in Turin at the International Book Fair in 2007, with the aim of enhancing and creating poetry through music.
Andrea Camerini: lead vocal, flute
Paolo Camerini: upright bass, loop
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